La Geometria nella Scuola Media
PROPOSTE
(Maria Cantoni. Gennaio 2013) Il grande privilegio di aver avuto l’occasione di conversare a lungo con Carlo Felice Manara durante gli anni di insegnamento, di dibattere e di condividere una critica e creativa visione della matematica, credo mi abbia permesso di vivere in classe un’esaltante avventura quotidiana di costruzione del sapere da parte degli allievi.
‘Se la costruiamo diveniamo coscienti di quello che essa “dice”, di come fa a dirlo e della sequenza logica dei procedimenti che mettiamo in atto nelle nostre scoperte.’
Di fatto, col nostro lavoro, abbiamo cercatodi rispondere alle domande:
è possibile con gli allievi una riflessione sulla realtà e una presa di coscienza che porti all'astrazione e alla concettualizzazione? È possibile vivere questa esperienza concretamente? E' possibile la costruzione del sapere nella scuola?
Ogni individuo è a contatto con la realtà attraverso la manipolazione, la trasformazione, la costruzione di oggetti. Se il bambino inizia le sue attività per esplorare, per "forzare" e "violentare" ciò che accosta, alla fine finalizza le sue operazioni e quindi il suo rapporto diviene presto intenzionale. In tutte le sue attività di fatto "gioca" con la realtà e la rende adatta a sé, in un certo senso la "trasforma", la "approssima" per gestirla. Compie quotidianamente le prime azioni che l'uomo poi formalizzerà. Quanta parte della iniziale formalizzazione si potrebbe meglio, prima inconsciamente e a poco a poco consciamente, codificare? A che età?
A queste domande aggiungo anche la considerazione dello sfruttamento di tecnologie d’avanguardia, a volte demonizzate a volte santificate che, a mio avviso, come strumenti, se usati al nostro servizio, non possono che aiutarci.
È proprio la “intelligenza” che spinge l’uomo a creare strumenti. In tutti i periodi storici, gli strumenti sono stati anche mezzi di conoscenza ed oggi in particolare essi portano una sollecitazione diretta allo sviluppo mentale. Se ciò vale in generale, tanto più vale nella didattica e nella didattica della matematica, una disciplina troppo spesso lasciata al rango di addestramento di tecniche operative. Ciò che potrebbe essere sbagliato non è un’alta alfabetizzazione informatica, è che questa assorbe a volte troppe energie a scapito degli approfondimenti culturali e metodologici che, a priori, necessiterebbero di intensità e di continuità. Coloro (soprattutto nella scuola di base) che usano tali strumenti in modo acritico e poco formativo, lo fanno semplicemente perché li inseriscono in metodologie e curricoli già inadatti ad approfondimenti.
Il problema si risolverebbe facilmente allora se ognuno di noi adottasse la norma est modus in rebus.
Con questa breve, ma icastica considerazione, Italo Lana (un grande latinista torinese ora scomparso), volendo, riassume tutto quanto detto finora: “Nella dotta Atene Orazio, poco più che adolescente, cercava di apprendere cosa fosse il vero ed il bene; nella quiete sabina degli ultimi suoi anni cercava ancora che cosa fossero il vero e il bene; questi… l'aspirazione di tutta la sua vita, e la sua poesia, la traccia lasciata da un'anima sorridente sì, ma inquieta”.
Ed ancora rifacendoci all’illustre latinista: “Il punto di partenza, di cui i professori dovrebbero essere tutti convinti, è in quel pensiero di Agostino sulla concezione del tempo: nel presente, contuitus, c’è anche la memoria del passato, se no non è presente, e c’è anche la expectatio del futuro. Bisogna che tutti quanti noi, i ragazzi per primi, siano convinti di questo; se uno è convinto di questo non può non aprire la mente a spazi larghi e non può più accontentarsi del semplice quotidiano”. (*)
CFM non ha mai contrastato l’uso degli strumenti più attuali, ne ha sempre e solo paventato uno sfruttamento acritico e privo di controllo da parte di chi sarebbe dovuto comunque essere il protagonista. Ricordiamo l’ acronimo GIGO (Garbage In, Garbage Out) con cui evidenziava che non si può dare la colpa allo strumento per come lo si usa.
Molte sono le esperienze in tal senso che abbiamo discusso insieme, anche perché gli attuali software didattici per la geometria sembrano particolarmente adatti ad evidenziare ed esaltare le manipolazioni concrete (da cui sempre partire) ed a rispondere all’affermazione di B. Russel scritta nel 1917 nel suo volume “Misticismo e logica”:
“... Quando i teoremi sono difficili, bisognerebbe insegnarli inizialmente come esercizi di disegno geometrico, finché la figura è divenuta del tutto familiare; allora sarà un passo avanti piacevole apprendere i legami logici tra le varie linee o i vari circoli. È anche desiderabile che la figura illustrante un teorema venga disegnata in tutti i casi e in tutte le forme possibili, di modo che le relazioni astratte di cui la geometria si occupa possano venire in luce da se stesse, come portato logico delle somiglianze esistenti tra situazioni apparentemente tanto diverse. Le dimostrazioni astratte dovrebbero rappresentare dunque soltanto una piccola parte dell'istruzione, e dovrebbero essere date quando, attraverso la familiarità acquisita con gli esempi concreti, esse possono essere accolte come generalizzazioni naturali di fatti visibili …..”
Vedremo esemplificati anche i lavori attuali in una sequenza operativa che mi pare interessante perché evidenzia la continua evoluzione didattica che però non può rinunciare mai a dare “senso” a ciò che raggiunge, quel senso che stava tanto a cuore a CFM.
Nei bambini della scuola primaria si vedono i germi dell’astrazione, nella scuola media il processo continua e si rafforza per arrivare all’utilizzo delle conoscenze geometriche per sviluppare capacità argomentative cioè … la dimostrazione.
Le nostre conversazioni e le risposte degli allievi
Le parole di CFM sono qui ricondotte ai suoi molteplici scritti perché possano essere un obiettivo riscontro e non solo una memoria. Quest’ultima avrebbe reso più evidente la sua personalità, la sua capacità di far penetrare mondi inconsueti, di non nascondere l’ironia, i riferimenti insoliti ad un mondo infinito di conoscenze, il piacere della comunicazione che spesso una sorta di severità nascondevano all’interlocutore occasionale, ma avrebbe potuto trarci in inganno.
Nel parlare con lui di geometria, ciò che è alla base della capacità dell’uomo di porsi di fronte alla realtà faceva divenire subito evidente come la scuola, nel suo consueto porsi agli studenti, perdesse troppo spesso l’occasione di … “fare scuola”.
(Da Proposte per un itinerario didattico. 1994? Note di preparazione per un libro, non pubblicato.) Non parliamo “…della difficile domanda, spesso formulata da varie parti: “Che cosa è geometria?”, e ci limitiamo a riflettere su che cosa significhi “fare geometria”. Potremmo dire, almeno in via provvisoria ed iniziale, che il fare geometria è un primo passo con il quale un soggetto umano cerca di porsi razionalmente in rapporto con gli oggetti che lo circondano; e dicendo "porsi razionalmente" intendo dire che un soggetto cerca di descrivere gli oggetti in modo preciso ed obbiettivo, e di dedurre con sicurezza certe conseguenze da poche premesse.”
L'insegnamento, nella scuola media, riporta culturalmente ai fondamenti, ai problemi logici ed epistemologici della matematica, avendo in parallelo il momento dell'inizio cosciente dell'astrazione da parte dei ragazzi. Li guarderemo operare stralciando alcuni esempi dai loro lavori.
Portiamo qui subito un primo esempio di risposta degli allievi a questo primo fondamentale pensiero, esempio spesso contestato nella scuola perché ritenuto (benché interessante) troppo dispersivo e inadatto ai tempi–lezione. Ciò che non può sperimentare colui che non vive queste esperienze è il fatto che col passare delle settimane la classe diviene tanto protagonista da semplificare ogni problematica proposta. Allegato 1: Introduzione alla Geometria.
“Questo atteggiamento, e questo aspetto della geometria, sono stati descritti da un grande matematico dicendo che, in questo modo, la geometria ci si presenta come ‘...il primo capitolo della fisica’, cioè della conoscenza matematica del mondo”e ricordando Galileo “si potrebbe dire, in altre parole, che se la matematica è la chiave di lettura della realtà materiale che ci circonda, per Galileo la geometria è il primo passo di questa lettura. …
Partendo dalle esperienze elementari, che consistono nell’osservazione del mondo che ci circonda e nella manipolazione concreta degli oggetti, rigidi oppure deformabili, sui quali possiamo operare, si formano le idee fondamentali della geometria: occorre tuttavia osservare che, nella costruzione di queste idee, interviene in modo ineliminabile la fantasia, la quale depura le sensazioni e spinge al limite le proprietà delle cose osservate. Su questa elaborazione fantastica delle osservazioni si costruiscono i concetti astratti: soltanto su questi opera la deduzione a livello logico …
… Abbiamo detto che la nostra fantasia, a partire dalle sensazioni materiali elementari, costruisce delle immagini con una operazione che abbiamo chiamato "astrazione".
E voglio qui presentare un piccolo episodio forse significativo.
Sappiamo che il termine "astrazione" indica il risultato di una azione che viene indicata anche con i verbi "prescindere", "ignorare", "trascurare" e simili. In particolare la nostra fantasia opera costruendo una immagine, per così dire, scarnificata, perfettamente trasparente: per esempio passando dal dado materiale al cubo, solido geometrico. Infine la fantasia mette in atto delle operazioni che si potrebbero chiamare di "estrapolazione", operando un "passaggio al limite".
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A.Giacometti. Man pointing. (1947). Tate Gallery, London. L’immagine scarnificata (1).
Tuttavia l'utilizzazione corretta di queste informazioni richiede che si sia coscienti del processo con cui tali immagini sono state create, e quindi del significato che esse hanno. Una ulteriore operazione di astrazione prende le mosse dalle immagini di cui abbiamo detto (che vengono costruite dalla nostra fantasia a partire dall'esperienza sensibile), per giungere a costruire un ente mentale che viene abitualmente chiamato "concetto".
Può avvenire che per descrivere un oggetto ci si trovi a manipolarlo: per esempio un oggetto rigido lontano può essere portato vicino all'osservatore; oppure può avvenire che dell'oggetto si possa fare una rappresentazione (una specie di ritratto). Mi pare questo il primo germe per la riflessione che porterà alla cosiddetta geometria delle trasformazioni ed al concetto di invariante per un gruppo di operazioni. Qui il lavoro didattico può stimolare la fantasia dei soggetti, ai quali si richiede di mettersi o immaginarsi in diverse situazioni di fronte agli oggetti, e quindi di cercare una loro descrizione che sia valida in varie situazioni.
Ciò che abbiamo detto a proposito della genesi e della formazione dei concetti della geometria, può essere inquadrato in modo più preciso e fecondo facendo riferimento alle idee esposte dal grande matematico Felix Klein in una sua celebre dissertazione, che oggi viene abitualmente richiamata con l’espressione ‘Programma di Erlangen’, perché nell’Università di Erlangen nel 1872 Klein enunciò le sue idee, in occasione dell’esposizione del discorso inaugurale dei suoi corsi. L’impostazione di Klein ci porta a considerare la geometria non come scienza di contenuti, qualificata dai suoi oggetti, ma come scienza dei nostri comportamenti nei riguardi degli oggetti idealizzati che nascono dalle nostre esperienze sugli oggetti che ci circondano.
Klein costruì la sua elaborazione su alcune idee fondamentali, che potrebbero essere esposte nel modo seguente: anzitutto appare chiaro che la geometria non studia i singoli oggetti, ma raggruppa (in modo più o meno spontaneo o cosciente) gli enti in classi di oggetti che considera equivalenti: così, per esempio, la geometria non studia “questo” particolare cerchio, ma il cerchio in generale. Ai fini della geometria, un cerchio può essere comunque sostituito da un altro, ovvero trasformato comunque, purché resti sempre un cerchio. Per la geometria è indifferente studiare le proprietà di una data figura, oppure di un’altra che si ottiene da quella mediante una trasformazione.
Nelle righe precedenti abbiamo fermato la nostra attenzione sul nostro modo di procedere quando osserviamo un oggetto, oppure una figura geometrica e cerchiamo di conoscerne le proprietà che interessano la geometria. Si suol dire che si fa in questo modo una geometria delle trasformazioni: questa espressione non vuole assolutamente indicare che si faccia una geometria diversa da quella “tradizionale”, ma soltanto che si guarda al procedimento con cui si costruisce la geometria in modo diverso dal tradizionale. Nell’impostazione tradizionale si usava portare l’attenzione in primo luogo sulle figure geometriche, considerate come oggetti da studiare; con l’impostazione della geometria delle trasformazioni si porta l’attenzione anzitutto sulle operazioni che noi eseguiamo sugli oggetti materiali o sulle figure. In questo modo si mette in chiaro il fatto che l’oggetto dello studio della geometria non è la singola figura, ma la classe delle figure che si ottengono da una data con un certo gruppo di trasformazioni, e, più precisamente, le proprietà che sono comuni a tutte queste figure perché non cambiano se operiamo una qualunque trasformazione che porta una figura nell’altra.
Per avere un’idea di un insieme di trasformazioni che posseggono le proprietà elencate possiamo pensare agli spostamenti che operiamo sugli oggetti rigidi. Naturalmente, un oggetto spostato non possiede esattamente tutte le proprietà che possedeva in partenza: per esempio è cambiata la sua posizione relativa rispetto a tutti gli altri oggetti dell’universo. Tuttavia le proprietà che interessano la geometria elementare non cambiano quando operiamo uno spostamento rigido: si suole esprimere questo fatto dicendo che la geometria elementare studia le proprietà delle figure che sono “invarianti” rispetto al gruppo di trasformazioni costituito dagli spostamenti rigidi.
Spesso non ci limitiamo a spostare rigidamente gli oggetti, ma anche cambiamo le loro dimensioni, lasciando tuttavia inalterata la loro forma. Anche in questo caso la geometria si occupa delle proprietà che restano invarianti per queste trasformazioni; esse si chiamano similitudini e costituiscono un gruppo più ampio di quello degli spostamenti rigidi.
La matematica esprime sostanzialmente ciò che fa un uomo “ragionevole” di fronte alle cose e dà senso a tale ragionevolezza, così siamo giunti a sottolineare che gli “oggetti” che alla fine dobbiamo “possedere” non esistono se non nella nostra mentee nello stesso tempo sono i più adatti per descrivere la realtà.
Tutto ciò ci ha permesso di prendere coscienza delle “forme” e delle loro proprietà e delle relazioni tra le stesse, con un approfondimento più adatto per poterle manipolare in situazioni sempre nuove, per poterle definire in modi diversi anche se equivalenti, adatti al contesto in cui vengono usate.
Il progressivo decentramento dal corpo nella scuola materna, con un inizio di condivisione di immagini mentali, deve produrre degli avanzamenti, delle evoluzioni; perché ciò avvenga non basta fare esperienze, ma occorrono la riflessione e la condivisione. Dagli oggetti reali alle figure geometriche come oggetti mentali, questo è il cammino della geometria verso l’astrazione perché quegli oggetti mentali aderiscono straordinariamente alla struttura delle realtà «empiriche» dalle quali sono dedotte.
”...Abbiamo sottolineato l'aspetto della matematica moderna che più colpisce chi accosta oggi questa scienza: parliamo dell'aspetto astratto e formale. Questa astrazione non è fine però a se stessa e non ha una origine puramente arbitraria. La dottrina matematica è nata sotto la suggestione della realtà sensibile e deve il suo successo, come disciplina fulcro dell’intero sapere scientifico, proprio alla sua capacità di riuscita su questa stessa realtà fisica che ci circonda. L’insegnamento della matematica non può dunque prescindere dall’analisi di questa caratteristica della disciplina e, anzi, può trovare per questa via una importante strategia didattica di approccio e approfondimento.
… La geometria si presenta dentro la realtà, come semplificazione di una realtà, come «scarnificazione» della realtà fino a ridurla al suo puro scheletro, anzi ad una struttura mentale, limite ideale della struttura fisica. Perché i punti, le rette, i piani della geometria razionale sono «enti razionali», costruzioni della ragione, astrazioni, che aderiscono però alla struttura delle realtà «empiriche» dalle quali sono dedotte”.

A.Giacometti. L’Homme qui marche (1961). La scarnificazione (2)
È da rilevare che nei lavori che spesso i bambini fanno, essi operano sugli oggetti concreti molte manipolazioni, danno per scontato il "concetto” di corpo rigido e di trasporto rigido come evidente ed intuitivo, pensano che le foto, ingrandite o rimpicciolite all’occorrenza, siano perfettamente adeguate a rappresentare la realtà nella quale sono immersi, che ciò che fanno i compagni a distanza su quaderni diversi sia “lo stesso” di cui si stanno occupando loro, pur rilevando differenze.
Si può dire che in tal modo operano inconsciamente già nella geometria delle trasformazioni. Ci è sempre allora parso interessante ed utile portare alla coscienza tale comportamento e sfruttarne le conseguenze in termini di comprensione, descrizione e manipolazione della realtà, soprattutto all’interno di un’azione didattica che vuole rendere l’allievo protagonista della propria crescita.
Il lavoro fatto, per me importantissimo, ci ha permesso di evidenziare come le conoscenze, nelle diverse età, si inseriscano le une sulle altre solo se in ogni fase c’è presa di coscienza. Bisogna immaginare una storia infinita che permetta di entrare di giorno in giorno in nuovi panorami da scoprire e di raggiungere sempre nuovi strumenti concreti di azione... Il cammino che si percorre è necessariamente in salita non come affaticamento, ma come cambiamento continuo di livello che non potrebbe avvenire senza che i passi precedenti siano divenuti il bagaglio con cui si accede ai successivi. In fondo tutto sta qui, non è importante quanto sia grande questo bagaglio, quanto il fatto che sia effettivo e recuperabile in ogni nuova situazione per poter agire da protagonisti.
Scherzando l’abbiamo chiamata la sindrome di Eta Beta che sembra ignudo, ma riesce sempre a ‘tirar fuori’ ciò che gli serve nel momento opportuno (e sa di averlo!). Il problema quindi è diventato: che cosa deve sapere di avere in tasca Eta Beta in ogni momento (fuori di metafora Eta Beta sono i nostri allievi ...e forse anche noi?).
Alcuni riferimenti bibliografici.
Software di supporto didattico: Cabri Géomètre, GeoGebra
CFM Idee per un itinerario geometrico. In: (1994) La didattica del pensiero. (Appunti in margine a un corso su "La didattica del pensiero"). Parte II. (Inediti).
CFM La creatività geometrica. Atti del Convegno ”Pensiero scientifico e creatività”, Quaderno n. 21. IRRSAE Marche, Ancona, 1996, pp. 209-221
CFM (1998) Ricerca matematica e didattica. (Mantova, 16 marzo 1998. Conferenza su "Ricerca matematica e didattica". Organizzata dalla neonata Mathesis di Mantova, per opera del prof. Fabio Mercanti). (Inediti).
In: L’insegnamento della matematica e delle scienze integrate.
5. CFM. L’effetto GIGO in geometria 1997, febbraio, pp. 7- 18 (Nota: GIGO indica “Garbage in Garbage out”: se entra spazzatura esce spazzatura).
CFM - Problemi di didattica della matematica. La Scuola, Brescia, 1989
Maria Cantoni. Flatlandia: un invito al dialogo attraverso il problema di ottobre 2002. Bollettino di Cabrinews, n. 37, ottobre 2003.
Gli Elementi di Euclide. Classici UTET
Federico Enriques. Questioni riguardanti le matematiche elementari. Zanichelli. Bologna.
Bertrand Russel. Introduzione alla filosofia matematica
Bertrand Russel. I fondamenti della geometria
Bertrand Russel. Misticismo e logica
Nikolaj I. Lobacevskij. Nuovi principi della geometria
H. Matisse. La Ballerina creola (1950).