Logica, statistica e probabilità nella scuola media
(Maria Cantoni. Dicembre 2012) Ben presto, a partire dall’introduzione nei programmi della Scuola Media del 1979, per la prima volta, di un capitolo di "probabilità e statistica”, divenne evidente che si sarebbe potuto realizzare in tale ambito un lavoro importante per gli allievi. Esso sarebbe potuto divenire una forte occasione di “presa di coscienza” sul proprio ragionare oltre che base propedeutica ad un'eventuale sistemazione rigorosa. I ragazzi sono in un’età di continui cambiamenti di livello concettuale. Si potrebbe partire allora da un comportamento che è inconsciamente ragionevole e tendere a renderlo esplicito e razionale.
Osservando storicamente il problema possiamo facilmente notare che le diverse teorie che si sono succedute nel tempo, così come le loro recenti sistemazioni teoriche, non sono completamente fruibili nella scuola di base. La didattica del calcolo delle probabilità presenta un non facile approccio. Di fronte a queste intrinseche difficoltà, noi insegnanti facciamo ricorso spesso ad alcuni semplici modelli fisici e statistici per il rilevamento delle informazioni. Tali modelli finiscono però col mascherare la più vasta gamma dei possibili aspetti da sviluppare. In tal modo la probabilità pare divenire una caratteristica dell’evento in atto e il soggetto che la valuta perde evidenza, come perdono evidenza le informazioni che sono alla base della sua possibilità di valutare. Le considerazioni precedenti mi hanno portata ad affrontare il problema con molta attenzione ed a riflettere su ciò che in classe si veniva realizzando attraverso le discussioni con gli allievi. Essi portavano le loro esperienze ed anche quello che erano in grado di percepire del mondo della comunicazione nel quale vivevano. Sempre di più si veniva a dare spazio allo scambio di opinioni tendenti ad esplicitare le fonti di informazioni, il contenuto delle stesse e il modo di elaborarle. Da qui sono nate le tante conversazioni con Carlo Felice Manara, che hanno aiutato me come insegnante a prendere coscienza dei nodi concettuali da sciogliere e a elaborare la metodologiadi lavoro più opportuna per portare gli studenti ad un’analoga presa di coscienza al livello loro consentito, perché il tutto divenisse un’occasione di razionalità concretamente spendibile in ogni situazione. Illustrerò qui il percorso realizzato relativo alla probabilità, con cenni alla statistica descrittiva e una premessa sulla logica, che nel triennio hanno sempre avuto ampio spazio quotidiano nell’approfondimento di qualsiasi discorso, anche occasionale, che permettesse di evidenziarne le peculiarità e l’utilizzo, crescendo man mano di “formalismo” e di uso motivato.
Proprio a seguito dei nuovi programmi del 1979 Carlo Felice Manara pubblicò un volumetto di grande pregnanza ed originalità a cui ogni insegnante potrebbe ancora oggi attingere, in cui si legge:
“ … Di fronte a queste prescrizioni dei programmi in vigore ed ai propositi dei programmi futuri, abbiamo creduto opportuno richiamare brevemente alcuni principi di logica ed alcuni fondamenti del concetto di probabilità. E ciò è stato fatto qui con l’intento di fornire agli insegnanti le più elementari basi teoriche, sulle quali essi potessero costruire autonomamente il loro lavoro didattico. Pertanto precisiamo anzitutto che in quest’opera non intendiamo fornire delle “ricette” da applicare direttamente nella scuola, ma vogliamo stimolare la riflessione degli insegnanti, in modo che gli argomenti relativamente nuovi che debbono essere oggetto di insegnamento siano anzitutto fatti oggetto di riflessione da parte di chi deve insegnarli, e siano posseduti con quella sicurezza e padronanza che sono elementi essenziali per un buon lavoro didattico.
Avendo in vista questi scopi abbiamo dedicato il primo capitolo al richiamo delle nozioni elementari di logica classica …..
Il secondo capitolo di quest’opera è dedicato alla teoria intuitiva degli insiemi ed alla presentazione degli elementi dell’algebra di Boole. Gli schemi del sillogismo classico sono analizzati con questi strumenti, ottenendo così un primo avvio alla formalizzazione dei rapporti logici e dei procedimenti deduttivi. Tale formalizzazione viene esposta nel terzo capitolo …….
….Il quarto capitolo di quest’opera è dedicato alla presentazione dei concetti fondamentali del calcolo delle probabilità. E’ stata scelta l’impostazione che viene abitualmente chiamata “soggettiva” del concetto di probabilità; questo è visto come un giudizio che un soggetto dà del proprio impegno economico, in condizione di informazione incompleta … ”.
Credo che per tutti emerga l’importanza dell’idea seguente, come fondamento di un lavoro didattico in evoluzione che abbia come caratteristica un continuo scambio di idee e di reale collaborazione tra i docenti, che esplicitano nella loro opera proprio la socializzazione del sapere esaltando la personalità di ciascuno:
“Pertanto precisiamo anzitutto che in quest’opera non intendiamo fornire delle “ricette” da applicare direttamente nella scuola, ma vogliamo stimolare la riflessione degli insegnanti, in modo che gli argomenti relativamente nuovi che debbono essere oggetto di insegnamento siano anzitutto fatti oggetto di riflessione da parte di chi deve insegnarli, e siano posseduti con quella sicurezza e padronanza che sono elementi essenziali per un buon lavoro didattico”.
Nell’Allegato 1- Comunicazione e Logica presento alcuni stralci di relazioni scritte dagli allievi nel corso del triennio della scuola media, a seguito di riflessioni logiche durante il lavoro matematico. Espongo le riflessioni successive come dialogo fra CFM e me stessa. Il dialogo comincia e per ora ci mettiamo in ascolto:
"Termini come impossibile, possibile, certo, incerto, probabile, improbabile e simili, fanno parte del linguaggio comune quotidiano; come avviene quasi sempre, il loro significato non è sempre costante e dipende in larga misura dal contesto nel quale essi sono inseriti. Pertanto, quando si voglia adattare un termine del linguaggio comune all’uso scientifico occorre precisare rigorosamente il suo significato e definire con precisione il concetto designato col termine stesso.
…..cercheremo di ottenere questo risultato con il termine “probabilità”, per poterne definire con precisione il significato e quindi poter utilizzare i simboli e gli strumenti concettuali della matematica nelle deduzioni che si faranno.
….. la nascita del calcolo delle probabilità non può essere considerata come l’applicazione della matematica per costruire delle certezze dove non è possibile, per mancanza di informazione, ma l’utilizzazione della matematica per raggiungere il massimo di certezza e di razionalità in condizioni di informazione incompleta.
Abbiamo accennato all’informazione perché ci pare che questo concetto sia essenziale per la precisa comprensione dei concetti e delle procedure che vedremo. Invero si vede spesso presentare il calcolo delle probabilità come “la matematica dell’incerto” o con espressioni analoghe. Noi preferiamo non adottare i concetti di certezza ed incertezza per definire il calcolo delle probabilità, ma parlare piuttosto di informazione completa o incompleta. Noi pensiamo infatti che la certezza e l’incertezza siano degli stati psicologici che possono quindi dipendere anche da situazioni emotive e da giudizi non perfettamente razionali e comunque possono variare nel tempo.
….
Crediamo invece che sia l’informazione, sufficiente o incompleta, che determina la certezza o l’incertezza.
…
Oggi si considera il calcolo delle probabilità come la teoria fondamentale atta a dirigere il comportamento economico dell’uomo in condizioni di informazione incompleta: precisamente una branca della matematica che fornisce gli strumenti concettuali e simbolici per introdurre il massimo di razionalità nelle scelte economiche. Così come la statistica è vista come la scienza che procura ed elabora certe informazioni che debbono servire come punti di partenza per le scelte economiche in condizione di informazione incompleta”
Un uomo razionale (alla formazione del quale la scuola dovrebbe mirare) di fronte ad informazioni (e noi siamo di fatto immersi in esse) incomplete! Situazione che genera una prospettiva accattivante! Abbiamo detto tante volte che un problema è risolvibile quando la soluzione è contenuta implicitamente nelle informazioni possedute. Qui devo allora pormi in una condizione diversa. So a priori che le informazioni sono incomplete e che quindi non potrò dare una soluzione del problema, ma avrò comunque bisogno di valutare quanto queste informazione mi permetteranno di sapere, perché molto spesso mi trovo in queste condizioni e devo prendere delle decisioni a proposito. Questo sarà molto interessante da discutere coi ragazzi perché consentirà loro di portare esempi della vita reale, di mettersi in gioco personalmente con discorsi che arriveranno alla matematica, ma che inizieranno con “ragionamenti” di carattere generale che possono portare loro stessi. Questo ci fa già vedere il cammino da percorrere, ma prima di entrare in tale problema che sostanzialmente toccherà la metodologia di lavoro, dobbiamo inquadrare la teoria matematica. Essa dovrà essere “trasferita” sia logicamente che matematicamente a ragazzi della scuola media; non solo, dovrà lasciare loro una struttura conoscitiva adatta ad essere ampliata liberamente nella scuola superiore.
“Il concetto di “probabilità” è oggetto di analisi e di discussioni da quasi due secoli, cioè, si potrebbe dire, dall’epoca nella quale ha avuto per la prima volta una trattazione matematica che voleva essere rigorosa. A ben guardare, non si tratta di un fenomeno abbastanza consueto, che avviene spesso quando si incomincia a voler rendere rigoroso un concetto che è preso dalla vita quotidiana e che viene designato da un termine del linguaggio comune. Infatti ben raramente un termine siffatto ha un significato assolutamente univoco, di conseguenza nascono frequentemente delle discussioni a proposito del “vero” significato del termine. Infine, dopo un periodo di analisi critica si giunge ad una assiomatizzazione rigorosa che precisa un significato del termine e permette una formalizzazione matematica e la conseguente costruzione teorica. ……
Per quanto riguarda l’aspetto puramente astratto della teoria della probabilità, è chiaro che si possono dare molte assiomatizzazioni, le quali sono legate soltanto dalle clausole dell’assenza di contradditorietà. …
Due tendenze, nettamente diverse sono presenti, per le quali potremmo approssimativamente utilizzare i vocaboli “teoria della probabilità oggettiva” e “ teoria della probabilità soggettiva”.
Per quanto riguarda la definizione che si potrebbe chiamare “oggettiva” della probabilità, essa risale alla celebre trattazione di Laplace (Essai philosophique sur les probabilités, Paris, 18199) che definiva la probabilità di un evento, possibile tra tanti altri, come il rapporto tra il numero dei casi favorevoli ed il numero dei casi possibili purché (e la clausola è fondamentale) questi ultimi siano tutti ugualmente possibili.”
Questo è ciò che mediamente si sa e si usa nella scuola media nel senso di dare una definizione e da essa incominciare a porre delle problematiche molto ripetitive sul lancio di monete o cose simili, quasi sempre dimenticando la clausola determinante e ponendo alla classe poche occasioni di discussione e di riflessione sui propri ragionamenti. Mi pare inoltre che una delle conseguenze sia il fatto che l'alunno venga facilmente indotto a pensare che la probabilità sia una proprietà del singolo evento aleatorio (o dei sistema di eventi) che si considera .
“Presenteremo allora la teoria della probabilità soggettiva, così come il matematico Bruno De Finetti abitualmente la espone e la difende. Si potrebbe dire che la teoria di De Finetti è sostanzialmente una teoria astratta del comportamento umano in condizioni di incertezza, oppure, se si vuole, di informazione incompleta. Il fatto che la realtà smentisca costantemente in molti casi questa teoria (si pensi al numero enorme di persone che giocano al Totocalcio, oppure al Lotto o frequentano i casinò) nulla toglie alla coerenza interna della teoria stessa, né al fatto che essa si presenta come molto adeguata a precisare regole di comportamento in moltissimi altri fenomeni economici.
In altre parole si potrebbe dire che nell’impostazione della probabilità soggettiva, il problema fondamentale può essere ricondotto ad un problema di informazione: lo scopo di questa informazione è sostanzialmente quello di razionalizzare il comportamento dell’operatore in modo tale che dalle ipotesi enunciate e dalle informazioni di cui era in possesso o di cui può entrare in possesso in seguito non scaturisca alcuna contraddizione. Da questo punto di vista quindi l’assiomatizzazione della probabilità si riduce ad un’assiomatizzazione della razionale utilizzazione dell’informazione da parte del soggetto umano.
Per vedere come si possa giungere ad analizzare il problema da questo punto di vista, ricordiamo che accanto alla determinazione della probabilità di un evento non conosciuto sta di solito un comportamento umano che si traduce in un contratto aleatorio o scommessa.
…
Nel suo modo di esprimersi De Finetti distingue in modo preciso e puntiglioso tra previsione e predizione; quest’ultima è lasciata (nel suo modo di vedere) ai maghi, agli astrologi e magari ai politici. La previsione invece viene fatta tenendo conto di tutte le informazioni e di tutte le incertezze che il soggetto ha, con la massima accuratezza, ma senza nascondere la propria ignoranza e tenendo conto di certe regole di coerenza logica alle quali il soggetto è tenuto ad obbedire sotto pena di perdite sicure, di fronte ad altri soggetti che si comportano in modo tale da rispettare le regole di coerenza.
Possiamo considerare come situazione fondamentale quella in cui si ha una operazione concreta che un soggetto umano deve svolgere quando deve assegnare una probabilità ad un evento non completamente conosciuto.
Precisamente supponiamo di avere un soggetto che non conosce esattamente le circostanze o addirittura l’esistenza di un evento, ciò può avvenire di un evento futuro, che dipende da cause che non sono tutte sotto il controllo del soggetto , oppure in relazione ad un evento di cui si sa già che è avvenuto, ma che non si conosce ancora in tutti i suoi particolari.
In questi casi e in altri analoghi numerosissimi, il soggetto è condotto a collegare all’evento un numero che si può chiamare “probabilità soggettiva” dell’evento stesso. Tale numero p è compreso tra zero e 1, precisamente possiamo dire che la frase: il soggetto attribuisce all’evento la probabilità p significa che il soggetto è disposto a scommettere la somma pM (in vista di una vincita di M).
…
La definizione della probabilità soggettiva è stata direttamente collegata con il comportamento del soggetto che si potrebbe chiamare a giusta ragione “economico”, perché tiene conto dell’interesse che il soggetto ha alle conseguenze dei propri giudizi (assegnazione della probabilità) e delle sue azioni (scommessa); essa è accompagnata da una certa regola di coerenza, che sostituisce gli assiomi della teoria assiomatica e che permette di ritrovare, nel quadro della definizione data, tutte le proprietà della probabilità classicamente definita.”
Approfondita ulteriormente la teoria, pare subito evidente che i ragazzi non avrebbero nessuna remora a porsi nella condizione di scommettere, cosa che fanno continuamente, e a pensare in termini economici, perché la condizione di parlare di vantaggio o meno relativamente alle conseguenze di una decisione presa in condizioni di incertezza fa parte del loro vissuto molto di più di quanto non si pensi. Inoltre il tutto li farebbe coinvolgere a confrontare delle decisioni prese autonomamente, ma di cui devono rendere conto anche perché una scommessa non può verificarsi se non in termini di rapporto sociale. Un’altra affascinante considerazione è quella di parlare di informazioni perché tutto il lavoro matematico precedente, soprattutto per quanto riguarda la geometria o la lettura del linguaggio algebrico, è stata tenuta sul filo del contenuto d’informazione di fronte al quale ci si trova. Analogamente non abbiamo bisogno di domandarci quale metodologia di lavoro usare: continuiamo nel comportamento che dalla prima media abbiamo tenuto in generale, esso pare infatti l’ideale per portare gli allievi ad approfondire tutte le tematiche che abbiamo lasciato in sospeso in quella direzione.
Espongo ora il metodo di lavoro (solitamente usato in classe) che ha facilitato il suo svolgimento.
Ogni unità di lavoro viene realizzata al momento opportuno, per approfondire e sistemare tutto ciò che fino a quel momento la classe, attingendo da diversi contesti anche occasionali, ha posto in attesa e provvisoriamente collocato in uno stesso insieme di problematiche.
Schematicamente si può dire che gli allievi, opportunamente guidatiin una discussione, globale o a gruppi (che poi devono confrontarsi), sono portati a:
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formulare il problema relativo (inteso qui come situazione problematica in cui intervenire)
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farne emergere le peculiarità e i punti di vista
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richiamare le conoscenze connesse
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sentire il bisogno di valutare le informazioni a disposizione
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porre nuove relazioni tra le informazioni
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esprimere tali relazioni usando linguaggi appropriati
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produrre man mano un resoconto completo dell’attività svolta facendo uso anche di un linguaggio matematico appropriato (ed anche molteplicità di linguaggi) in modo che riassuma e sistemi convenientemente le nuove conoscenze raggiunte.
Di fatto vogliamo far prendere coscienza di quali siano gli strumenti adatti per avere un comportamento ragionevole e coerente nell’assumere ed elaborare informazioni:
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quindi la statistica come un "modo" per assumere informazioni in vista di uno scopo (comportamento economico in senso lato).
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quindi la probabilità come un "modo" di esprimere il proprio impegno economico (in senso lato) in condizioni aleatorie.
Possiamo così schematizzare i "nodi” della questione":
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C'è un soggetto che valuta delle informazioni
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Esse possono derivare da un sondaggio, dall'analisi di un sistema fisico, da un più complesso risultato di indagine.
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Si parla non di probabilità, ma di valutazione di probabilità
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Essa diviene "quasi" un modo per misurare il rischio che assume il soggetto nel puntare sull'uscita di un determinato evento.
Vogliamo sistemare, esplicitare, di fatto generalizzare: il lavoro deve divenire scientifico (con l'astrazione che gli allievi possono spontaneamente raggiungere). Infatti l’approccio scientifico permette anche di comprendere:
a) la provvisorietà del valore di un'informazione, ma contemporaneamente la capacità di farne uso. La necessità di sfruttare un linguaggio che dia la possibilità di rigorosamente elaborare.
b) il fatto che le informazioni si assumono (si è anche arbitri della loro autenticità), si memorizzano, si organizzano, si elaborano, si riassumono (sì è nuovamente arbitri delle sintesi che si comunicano). Il lavoro da compiere per la lettura della realtà è cioè complesso e richiede esperienza ed onestà intellettuale.
c) l’osservazione che i modelli sono validi nella misura in cui vengono adottati per conoscere meglio una realtà.
Il fatto che l’insegnante coscientemente si ponga nella condizione di far riferimento alla teoria soggettiva della probabilità non viene trasferito agli allievi come modello imperativo perché, come abbiamo già detto, si parte da un comportamento inconsciamente ragionevole e si tende a renderlo esplicito e razionale, ma sostanzialmente esaltando il proprio rapporto con le informazioni. Il principio di coerenza, a questo livello, rimane come un intuitivo cenno alla responsabilità nell’assunzione e nella manipolazione delle informazioni stesse. Alla fine si fa uso attivo ed originale della matematica “raggiunta fino a quel momento” scoprendo come il suo rigore e la sua precisione siano un linguaggio straordinariamente adatto ad esprimere ciò che le discussioni hanno problematicamente portato. Tale matematica dovrebbe rimanere come base per un futuro esplicito approfondimento teorico.
Mi piace riportare infine un paragrafo inedito di commenti di CFM, scritti a seguito del nostro lavoro, ritrovati fra i suoi appunti.
“Le pagine che seguono (Allegato 3, lavoro completo esemplificativo, svolto in una terza media negli anni novanta e riproposto negli anni successivi) sono dedicate alla presentazione di una esperienza didattica concretamente vissuta, diretta alla presentazione del concetto di probabilità in una scuola media, con i relativi collegamenti ai concetti fondamentali della statistica, soprattutto descrittiva (Allegato 2, stralcio esemplificativo del lavoro in una prima media sempre negli stessi anni).
Uno degli scopi fondamentali che ha mosso l’insegnante nell’impostazione di questo modulo didattico è stato quello di superare la presentazione del concetto di probabilità fondato sulla concezione classica, che oggi è spesso chiamata “oggettiva” e di introdurre invece il concetto stesso secondo la moderna concezione “soggettiva”. **
Ciò non significa rendere inutili i numerosi esercizi di combinatoria che si incontrano nella manualistica; si tratta invece di ridurli al loro vero significato, cioè come espedienti per dare una prima e provvisoria della probabilità di un evento aleatorio spesso costruito artificialmente ed assunto, in modo più o meno cosciente e valido, come modello di una situazione reale.
Come è noto, secondo la visione soggettiva del concetto di probabilità, questo nasce da un impegno economico di un dato soggetto, quando costui è disposto a versare immediatamente una determinata somma di denaro in certe condizioni; e precisamente per ricevere una somma maggiore nel caso in cui si verifichi un determinato evento (è questo in genere il contratto che viene chiamato spesso “scommessa”), oppure perché egli, oppure altre persone determinate, possano ricevere un risarcimento nel caso in cui si verifichi un determinato evento sgradevole (e questo è in genere il caso del contratto che viene chiamato “assicurazione”).
Pertanto la decisione di stringere il contratto aleatorio (scommessa o assicurazione) dipende dal giudizio strettamente personale di un soggetto, che assume un impegno economico a certe condizioni, e lo fa a ragion veduta, in relazione alle informazioni che egli possiede o si procura sull’evento non completamente conosciuto.
La decisione di stringere il contratto aleatorio in parola avviene in base ad una “valutazione di probabilità”, valutazione che si esprime abitualmente con un rapporto tra la somma di denaro che il soggetto è disposto a versare immediatamente e quella che egli (o persone da lui designate) riscuoterà nel caso in cui si verificasse l’evento che è soggetto del contratto.
Con le parole “si esprime abitualmente” si intende introdurre l’osservazione che la valutazione di probabilità data dal rapporto tra versamento immediato ed eventuale riscossione futura non è l’unico modo per esprimere la valutazione del soggetto: per esempio le “quotazioni” che i “bookmaker” danno sui cavalli di una corsa costituiscono un altro modo (tradizionale dell’ambiente) per dare delle valutazioni di probabilità.
In un numero ristrettissimo di casi, e quando si presume (per ragioni più o meno buone) che l’evento aleatorio considerato sia assimilabile ad uno dei risultati delle manipolazioni su sistemi fisici, il rapporto tra il numero dei casi favorevoli e quello dei casi possibili (purché beninteso siano tutti “ugualmente possibili”) può fornire una valutazione provvisoria dell’a probabilità dell’evento in parola.
Ma in moltissimi casi, che hanno una grande importanza nell’economia nazionale (si pensi soltanto all’industria delle assicurazioni, che produce una parte importane del “prodotto interno lordo” (il PIL) cioè della ricchezza del Paese, una cosiffatta assimilazione non dà risultati accettabili. Pertanto gli operatori economici, che tendono ad assumersi dei rischi nelle condizioni della massima razionalità possibile, ricorrono ad un’altra branca della scienza: questa viene chiamata statistica.
Non è possibile qui ricordare tutti i numerosissimi casi in cui, nella pratica quotidiana, nella informazione, nell’economia ad alto livello gli operatori si ispirano alla statistica per raggiungere la massima razionalità nel comportamento economico, compatibilmente con le informazioni possedute.
Pertanto la statistica potrebbe essere descritta come una scienza che si occupa della raccolta di informazioni (generalmente su numerosi fenomeni particolari), e di elaborare valutazioni di probabilità, allo scopo di permettere agli operatori (economici, politici o sociali) la massima razionalità di decisione, in relazione a determinati fini.
Generalmente la statistica esprime le proprie valutazioni mediante certi parametri (medie, indici); è importante osservare che ogni parametro è costruito in vista di uno scopo determinato, per dare determinate informazioni e valutare determinate probabilità.
Non esistono quindi “medie” privilegiate, per quanto l’abitudine quotidiana porti erroneamente a pensare che la cosiddetta “media aritmetica” sia la più importante tra quelle che si possono escogitare e calcolare in base alle informazioni possedute.
Occorre infine osservare che la valutazione di probabilità è sottoposta a determinate regole che, a seconda della via seguita nell’introdurre il concetto di probabilità, vengono chiamate “teoremi” (nel caso della impostazione cosiddetta “oggettiva”) o leggi di coerenza (nella impostazione soggettiva).”
**Dalla tradizionale presentazione del concetto di probabilità fondato sulla concezione classica, che oggi è spesso chiamata "oggettiva” al concetto stesso secondo la moderna concezione "soggettiva".Questa scelta ha fondamenti classici. Citiamo per esempio il pensiero di John Stuart Mill: John Stuart Mill, Logic. Book 3, Chapter 18. (Citato da M. G. Bulmer. Principles of Statistics, pp. 5 - 6. New York, Dover Publications, 1967).
“We must remember that the probability of an event is not a quality of the event itself, but a mere name for the degree of ground which we, or someone else, have for expecting it... Every event is in itself certain, not probable: if we knew all, we should either know positively that it will happen, or positively that it will not. But its probability to us means the degree of expectation of its occurrence, which we are warranted in entertaining by our present evidence.”
(“Dobbiamo ricordare che la probabilità di un evento non è una caratteristica dell’evento stesso, ma semplicemente ciò che esprime il grado di fiducia che noi abbiamo (o altri hanno) nel supporre che l’evento accadrà …. Un evento, in se stesso è certo, non probabile: se conoscessimo tutto, noi dovremmo sapere con sicurezza se un evento accadrà oppure no. La sua probabilità, invece, ci dà il livello di aspettativa che noi poniamo nel suo verificarsi, cosa che ricaviamo prendendo in considerazione le conoscenze che oggi abbiamo a disposizione intorno all’evento stesso.” )
Fra i possibili riferimenti bibliografici vorrei segnalare, oltre ai testi di CFM richiamati alla voce Bibliografia, i seguenti:
Istituto Universitario Di Scienze Sociali – Trento. Quaderni dell’Istituto. Quaderno N. 11, Trento 1965
Luciano Daboni. Calcolo delle probabilità ed elementi di statistica. UTET Libreria, Torino, 1996